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al testo di Bianca Mannu
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Il brodo dell’umano si è a lungo mischiato col mio sangue d’animale: è tutto il corredo che nell’umano mi plasmò plebea
Il chiasso suo babelico la miseria del mio ricetto ha risparmiato mai
Tingendo di affinità improbabili di strane somiglianze e negazioni algebriche ha artigliato coi visceri le anse al mio cervello
Le correnti alternate degli affetti troppo prossime e scontate sotto l’inquietudine dei piedi allungano ambulacri di silenzio aizzando la furia della percorrenza dietro il suono fuggitivo della vita
Essere mondo e non avere artigli Essere mondo come cosa che respiri Essere mondo come cosa che si nutre Essere mondo come ciò che diletta e meno attrista Esserlo … esserlo sino a non sapermi discernere se non là dove il dolore ghermisce aderenze incaute provoca strappi proditori
Ora il mondo da fuori mi s’è rappreso in vecchia carne adusa alla fitta cadenza degli strazi … Ora so come farmi male da sola |
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